sabato 14 dicembre 2013

n.17 - Non sono un tipo romantico

Ho deciso quest'oggi di aggiornare il blog con una one-shot, ovvero un breve racconto riguardante sempre tematiche inerenti a occasioni che ci troviamo a vivere durante le nostre giornate.
Non aggiungo altro.

Buona lettura.

“Si trovarono a una ventina di iarde uno dall'altra, e il suo apparire era così improvviso, ch'era ormai impossibile evitare il suo sguardo. Subito i loro occhi s'incontrarono e a ciascuno il viso avvampò del più intenso rossore. Egli ebbe un vero e proprio soprassalto e per un attimo sembrò immobilizzato dalla sorpresa.”
<Mio Dio.> Alzo lo sguardo annoiato da tanto romanticismo. Mi avevano consigliato di leggere un classico di Jane Austen, per integrare la mia interpretazione sul palco di un’amore davvero molto simile a quello raccontato dalla famosa autrice britannica.
Il problema è che non sono affatto un tipo romantico, non lo sono mai stato. Recitare è un dono, una passione, e mi diverto ad entrare in personaggi totalmente diversi dalla mia reale personalità.
<Un fan della Austen?> volto di scatto la testa verso la figura femminile seduta al mio fianco, non mi ero accorto della sua presenza.
<Tutt’altro, oserei dire.> la vedo alzare un sopracciglio, capendo che mi stavo per inoltrare in tante delle discussioni già avute in precedenza con i Pro-Jane. <Non sono molto romantico.> mi affretto ad aggiungere, giusto per sottolineare che il disgusto era per un fattore soggettivo e non era niente che riguardasse lo stile della scrittura piuttosto che la forma.
<Oh.> accenna un sorriso comprensivo <Una spiegazione sensata.> i suoi occhi tornano a posarsi sul libro che tiene tra le mani, mentre i miei ne approfittano per cogliere i particolari di lei. Mora, occhi scuri o almeno così mi sono sembrati, corporatura normale, dai colori posso scommettere sia del Sud. Sposto poi gli occhi sul verde del parco che ci circonda.
<Almeno non sei uno di quelli che preferisce vedere direttamente il film.> aggiunge tenendo sempre lo sguardo sulle pagine davanti a lei.
Rido. <No, non sono uno di quelli.>
Ritorna il silenzio tra di noi, durante il quale comincio a nutrire una certa simpatia per la giovane al mio fianco. Mi volto nuovamente ad osservarla nello stesso istante lei posa gli occhi su di me. Sorride imbarazzata da quello scambio di sguardi, e ritorna a porre attenzione sul libro, che chiude e infila nella sua enorme borsa nera a tracolla. La vedo alzarsi, per un attimo la voglia di afferrarle la mano e trattenerla prevale. Stringo a pugno la mano trattenendomi, quasi a sentir male.
Di nuovo i suoi occhi mi guardano <Buona giornata.> mi sorride, e tentenna un attimo <Continua a leggerlo> sposta lo sguardo su “Orgoglio e Pregiudizio” <E’ davvero un bel libro.> detto ciò si avvia per la sua strada, attraversando il viale alberato del parco Sempione.
Io inerme, rimango a fissarle la schiena che piano piano si allontana.
Qualcosa dentro di me mi spinge a rincorrerla, a chiederle almeno il suo nome, non che poi ci possa fare chissà cosa, effettivamente. Mi sento stupidamente confuso e sopraffatto da emozioni contrastanti.
Per un attimo visualizzo il nostro primo appuntamento, seduti uno di fronte all’altra, in modo tale da poterla vedere arrossire in qualsiasi momento, e non guardarla di sottecchi.
Il battito del mio cuore è accelerato, così come il mio respiro.

********

Con una fretta indescrivibile poso il libro della Austen nello zaino, che indosso e mi precipito verso di lei, che ora è solo un puntino lontano.
Corro con il fiato corto, corro così veloce che gambe e braccia non sono coordinate, e talvolta i piedi sembrano non aderire al terreno.
Quando la sua figura diventa ben chiara, la vedo svoltare a sinistra alla fine del parco, decelero forzatamente, con gambe indolenzite e la milza dolorante; dalla bocca fuoriescono versi di dolore e frustrazione. Continuo a correre malgrado tutto. Svolto anch’io a destra ed eccola ferma al semaforo in attesa del verde.
Mi avvicino a lei e mi fermo solo quando arrivo al suo fianco, causandole quasi un infarto. Mi guarda allarmata con una mano sul petto. Mi avrà preso per pazzo.
<Scusami...> dico col fiatone, cercando di rendermi comprensibile <Scusami, io...non so...il tuo nome.>
Scatta il verde, la gente ci supera, e lei con mio conforto rimane lì davanti a me, e non me ne capacito. Che motivo avrebbe una persona di rimanere in compagnia di una persona che sembra completamente fuori di testa.
<Mi hai...corso dietro?> mi guarda perplessa, ne ha tutte le ragioni.
La guardo, annuisco. <Lo so che ti sembrerà una pazzia, ma...te l’ho detto: non sono un tipo romantico. Eppure, mi ritrovo qui di fronte a te, dopo una corsa che mi ha sfinito...> le sorrido imbarazzato dalla situazione, ma soprattutto dal mio comportamento, sono sorpreso più di quanto lo sia lei.
<Amanda.> mi sorride. 
Quello stesso sorriso che mi ha spinto a inseguirla, quel peso al petto che solamente ora se n’è andato.
<Edoardo. Piacere Amanda.> le stringo la mano, sorridendole mentre ripeto il suo stupendo nome.
<Bel nome!> diciamo all’unisono, e scoppiamo a ridere imbarazzati entrambi.
Il semaforo torna rosso, le macchina riprendono a scorrere veloci per la strada e ricomincia a formarsi intorno a noi un mucchio di pedoni in attesa del via.
<Io, sto andando a mangiare qualcosa in un bar. Vuoi unirti a me?> chiede un pò insicura, sorprendendomi sempre di più della sua reazione positiva nei miei confronti.
Io mi illumino <Ne sarei felice.>
Così ritorna il verde, e noi attraversiamo la strada. Per scansare un pedone le sfiora una mano. E’ fredda a confronto della mia calda a causa della corsa fatta qualche secondo prima.
Durante la strada ci scambiamo qualche sguardo, alcuni di sottecchi altri mentre parliamo di argomenti comuni. Lei è al quinto anno di psicologia all’Università Statale in pieno centro, ma non è originaria di Milano, si è trasferita dalla Puglia, dove tuttora vivono i suoi genitori. Convive con tre ragazze, una di loro è una sua grande amica con la quale è venuta da Taranto.
Io le racconto della mia carriera di attore di teatro, della mia vita da single e che convivo con un collega. Scopro che abbiamo cinque anni di differenza, lei ha venticinque anni e io trenta.
<Anche tu hai origini del Sud?> mi chiede una volta seduti al bar davanti al nostro pranzo.
<Sì, i miei genitori sono Siciliani, ma sono nato a Milano.>
<Sicilia dove?>
<Palermo.>
Annuisce e sgrana gli occhi meravigliata mentre manda giù il boccone che ha in bocca. <Bellissima! Ci sono stata una volta...ricca di storia. Mi ha davvero sorpresa.>
Rido del suo entusiasmo. <Concordo.>
Rimaniamo in silenzio per un pò, e vedo che mi scruta attentamente. <Quindi, non sei romantico ma nel gesto di prima rivelava tutt’altro. Insomma, ormai non capita più di vedere un ragazzo che rincorre una ragazza che neanche conosce solo per....delle sensazioni.> dice, cercando le parole giuste per esprimere il suo pensiero <Colpa di Jane Austen?> mi sorride prendendomi in giro.
<Sai, credo proprio di sì.> rido rispondendo alla sua battuta <Non lo so, non credo sia colpa di nessuno, piuttosto è merito tuo.>
La guardo, vedo che lei fa lo stesso cercando di capire se io stia scherzando o sia serio, e nel momento in cui comprende che sono sincero, arrossisce poggiando le posate.
<Ti piace il sushi?> le chiedo.
Annuisce <Da morire.>
<Posso offrirti una cena domani sera?>
Resta un attimo in silenzio, sorridendomi. <Con piacere.>

********

<Mi scusi, è libero?> mi risveglio dai miei pensieri, e alzo lo sguardo sull’uomo di fronte a me che aspetta una mia risposta.
<Certo.> dico un pò turbato.
Sono ancora seduto sulla panchina, non mi sono alzato, non l’ho inseguita, non ci sto pranzando assieme. Non la sto guardando arrossire né sorridere.
Sono rimasto solo con le mie illusioni e speranze.

Forse se l’avessi inseguita davvero avrei scoperto in lei la persona giusta.
Non l’avrei mai saputo se non avessi preso una scelta.
Solo noi possiamo decidere del nostro futuro, della nostra vita.
Il punto è: siamo disposti a rischiare e renderci vulnerabili?
Me ne sarei pentito? E se avessi perso un’occasione speciale? Volevo recitare per il resto della mia vita?

Mi alzo e volto la testa dove lei si è incamminata, penso di vederla in lontananza. Voglio essere quell’uomo che la invita fuori a cena, quell’uomo che non gli importa di risultare un pazzo o ridicolo.
Voglio essere l’uomo con il quale pranzerà in un bar e accetterà un invito a cena.
Voglio crearmi un’occasione nella vita.
E sperando sia lei che i miei occhi scorgano, comincio a correre.




Grazie a tutti coloro che hanno letto questa one-shot e a coloro che commenteranno.


Ne approfitto per augurarvi delle buone feste e un buon 2014.


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