domenica 13 gennaio 2013

n.12 - Un amore settecentesco

«Quando la vidi realizzai che Dio era stato troppo benevolo nei miei confronti, ed ebbi paura di non meritarla.
Quale fiore così delicato arde di vita anche d'inverno? 
Un fiore raro, da cui ebbi fortuna di essere amato.»
G. Sessa



Mi guardai intorno, i miei occhi ansiosi di vederla cercavano solo i suoi. A malapena mi accorsi delle altre dame in sala se non quando gentilmente le scostavo per farmi spazio tra le persone.
Al centro fanciulle di nobil fama sorridevano timidamente al proprio compagno di ballo, il quale tentava di ammaliare l'altra con lo sguardo, e non mi fu dato sapere della riuscita nell'intento; non che mi interessasse davvero.
Entrando nella sala adiacente finalmente la scorsi, meravigliosa come sempre, mentre con grazia intratteneva i suoi interlocutori con - senza dubbio - discorsi vivaci per la mente dell'uomo.
Solamente quando alzò lo sguardo su di me mi accorsi di essere ancora sulla soglia, fermo, attento solo sulla sua figura e le virtù che possedeva.
Il suo volto si allargò in un delicato e vivo sorriso, e congendandosi dalla sua compagnia, si avvicinò a me.
Inchinai la testa, e lei fece lo stesso.
Per un attimo sentii i nostri respiri tentennare, così come i nostri occhi.
«Miss Haywood si sta godendo la serata?»
«Molto, Mr Clift. Seppur debbo dire che ora potrò godere di una compagnia assai più piacevole.»
Il mio sguardo si addolcì alle sue parole, e il mio cuore prese a battere in egual maniera.
Strano come il mio comportamento da gentiluomo davanti a lei sembrava esser scontante per poter dar spazio all'impeto dei miei sentimenti.
«Vogliamo fare una passeggiata in giardino? Il cielo oggi è sereno e le stelle potranno farci compagnia.»
«Come potrei privarmene?»
Le porsi il braccio a cui si poggiò delicatamente, e ci avviammo verso l'esterno della maestosa villa, allontanandoci dai chiacchericci di giovane donne e il suono della musica da ballo.
«Ho saputo che partirete domani per Londra.»
Il mio animo si incupì al sol pensiero, e al contempo le mie mani cominciarono a fremere per l'agitazione, il mio respiro più corto dall'emozione e il mio sguardo travolgente d'amore.
«Signorina Catherine, non posso indugiare oltre, i miei sentimenti per voi non me lo permettono.»
Le presi le mani e mi misi di fronte a lei, guardandola negli occhi.
«Non posso andare a Londra senza prima sapere che sarete mia per il resto della vita. Vi amo. Vi amo talmente tanto da non poter nascondere il mio trasporto e la mia ammirazione nei vostri confronti. Dal primo momento che vi vidi, e mi intratteneste con le vostre parole, osservando con quanto fervore vi pronunciavate, ho capito di amarvi, e desiderarvi.»
I suoi occhi sembravano splendere ancora di più alla mia dichiarazione.
Mi inginocchiai e tenendole la mano, e le dissi: «Mi rendereste l'uomo più felice del mondo, se accettaste di diventare mia moglie, Miss Catherine»
Con una mano tremante dall'amore nel suo cuore, e le lacrime non più trattenute per l'emozione mi rispose:
«Certo che sì! Non potrei mai desiderare alcun uomo al di fuori di voi.»



«Ho voluto scrivere di amori ormai inesistenti, e di caratteri ormai estinti.
Ho voluto scrivere per non far smettere di sognare.»


G. Sessa


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